Parliamo di overtourism

Il fenomeno dell’overtourism ci sta sfuggendo dalle mani

overtourism

Negli ultimi anni ho avuto il privilegio di viaggiare. Inizialmente, ho intrapreso un periodo di studio all’estero, ma durante questa esperienza ho scoperto che la mia vera passione è il viaggio, andando al di là del semplice turismo. 

Prima di avventurarmi in viaggi più lunghi e immergermi nella vita all’estero da solo, ho trascorso brevi periodi in vacanza con la compagnia dei miei genitori e amici, spesso limitandoci a una settimana. In questi casi, abbiamo di solito soggiornato in hotel, visitato principalmente luoghi turistici e gustato spesso cibi pensati per i turisti. 

La svolta è arrivata quando ho avuto l’opportunità di vivere per un periodo in Lituania grazie a un progetto di volontariato in un piccolo villaggio remoto, dove ero l’unico straniero. Durante questa esperienza, mi sono immerso completamente nella vita lituana. Ho avuto il privilegio di essere invitato numerose volte nelle case delle persone del luogo, ho assaporato autentica cucina locale e ho esplorato una vasta gamma di luoghi, dalle città principali ai remoti villaggi, luoghi che raramente i turisti tradizionali avrebbero il coraggio di visitare. 

Ho osservato attentamente la vita quotidiana, gli edifici e molti altri aspetti culturali. Inoltre, ho imparato la lingua del luogo. Ho scoperto che anche un semplice saluto nella lingua locale può fare la differenza; le persone del luogo reagiscono positivamente quando fai questo sforzo. Ciò che ho imparato è che, sebbene possiamo talvolta avere pregiudizi negativi sulle persone di altri paesi a causa di influenze esterne, l’incontro diretto con queste persone può spesso smentire tali idee preconcette. 

Scopriamo quanto siano amichevoli, la ricchezza della loro cultura e delle loro storie passate, e quanto sia delizioso il loro cibo. Queste esperienze ci portano a sviluppare un affetto sincero per le persone e le culture straniere. Quindi, è fondamentale non giudicare mai le persone provenienti da altri luoghi finché non le abbiamo incontrate personalmente e ci siamo immersi nella loro realtà. In viaggio, cerca percorsi diversi, ascolta la musica locale, interagisci con le persone e rispetta le tradizioni locali. Sarai sorpreso di quanto tornerai a casa diverso, arricchito dalle esperienze e dagli incontri fatti. 

È importante ricordare che non è necessario trascorrere lunghi periodi in un paese per trasformare la tua visione del mondo. Anche una sola settimana, vissuta in modo autentico al di fuori degli schemi turistici, può portarti a vedere la realtà in modo nuovo e ti farà apprezzare ancor di più la tua città natale e la tua vita quotidiana. Il viaggio autentico è una scelta che offre un’opportunità unica di crescita personale e di apertura menta .

Enrico Armenia

Questo articolo nasce da una newsletter che ricevo ogni settimana e che leggo con gran piacere, Antonio Let me Tell it.

I temi riguardano innovazione, tecnologia, trend e news su temi inerenti: un prodotto culturale che stimo essere di alta qualità e allo stesso tempo facile da comprendere. Nessun sintomo di egocentrismo o di pedanteria per dirla breve.

In una delle ultime che ho ricevuto sono stata molto colpita, in maniera positiva come sempre, dall’ambito trattato: la ripresa del turismo dopo il lockdown e l’overtourism.

Per chi non conoscesse questo termine, per farla breve, vi offro la mia personale interpretazione: sovraffollamento, numero di turisti quasi superiore alla corretta gestione delle infrastrutture, pessima gestione del turismo low cost per poter sfruttare al meglio la stagione, disagio e mancanza di rispetto dei luoghi di destinazione e della comunità locale.

Queste condizioni si presentavano anche prima del lockdown, soprattutto nelle città che vengono ritenute da un sacco di tempo storiche, ricche di patrimoni culturali, importanti pe ri loro paesaggi oppure per destinazioni “potenziate” da campagne di marketing turistico mostruoso.

Vado dritta al punto: il turista non è un viaggiatore. Chi fa una vacanza all’estero non viaggia, fa una vacanza.

Le ambizioni, la predisposizione, i compromessi, la mentalità e gli obiettivi tra quelle di un turista e quelle di un viaggiatore non possono paragonarsi.

Questo discorso non vuole certo creare una gerarchia tra queste due forme mentis ma creare consapevolezza, soprattutto nei riguardi di chi pretende di fare esperienze meravigliose da raccontare e di cui vantarsi ma senza rispettare la comunità locale, le tradizioni storiche e le abitudini quotidiane di chi vive nella città in cui ci troviamo in vacanza.

Il turismo di lusso non può essere gratuito se non in modo illegale. Il fatto di fare una vacanza all’estero in un paese esotico , spendendo ogni centesimo risparmiato per dimostrare su una piattaforma mediatica che appartiene ad una classe sociale di alto livello è un fenomeno infantile e che personalmente condanno.

Perchè? Perché alimenta pensieri negativi e di bassa autostima nei confronti di chi , con dignità e senza vergogna, si concentra nella vita quotidiana affrontando sfide molto più complesse che aspettare nell’aeroporto un’ora di ritardo del volo.

Chissà quante persone si indebitano fino al collo per pubblicare una selfie a Bali dove l’unico dato confermato è la solitudine e non il successo di un individuo che ce l’ha fatta. E poi, detto tra noi, ce l’ha fatta a fare cosa.

Ovviamente non voglio elogiare il viaggiatore e discriminare il turismo che è un settore importante e che , soprattutto nel nostro paese, va studiato, elaborato e sostenuto con risorse e infrastrutture adeguate.

Personalmente mi sento più una viaggiatrice, che vuole esplorare, ascoltare, analizzare e cercare di adattarsi al luogo di destinazione ma sono anche stata turista. E spero di esserlo in futuro.

L’unica differenza è che spero di farlo con la giusta consapevolezza, con l’attenzione e la cura che la destinazione ospite si merita. Aldilà dello stile dell’architettura, della diversità linguistica, della differenza etnica non voglio essere un intruso o un ostacolo per chi mi accoglie ma anzi un umile visitatrice che cerca di cogliere i dettagli più preziosi e delicati e condividerli con chi ha sufficiente empatia per partecipare al viaggio anche se indirettamente.

In un contesto simile, la responsabilità etica del marketing turistico e dei social media dovrebbe essere più cruciale che mai. Valorizzare l’autenticità e la complessità di una destinazione, invece di ridurla a un set di coordinate su Google Maps o a un hashtag, può essere un primo passo importante. E solo attraverso un approccio più bilanciato e responsabile, potremo sperare di mantenere intatta la magia che c’è nel viaggiare, preservando così l’integrità dei luoghi e delle culture che decidiamo di visitare.

Antonio Let Me Tell It

Yasmine Calosso

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