Intervista a Santa Verde, Tour Leader
Ciao Santa, partiamo subito dalle tue passioni: viaggiare e scoprire. Come sono nate? Ti accompagnano da quando sei piccola o si sono “rivelate” più tardi?
Ciao Yasmine. Io credo di averle sempre avute.
Da bambina non ho fatto viaggi con la mia famiglia e credo che questo me lo abbia fatto desiderare ancora di più, viaggiare intendo. Ho fatto il mio primo viaggio all’estero a 16 anni e mi sentivo già incredibilmente in ritardo, era da un sacco di tempo che volevo mettere piede su terra straniera e soprattutto immergermi in un’altra lingua.
Credo di aver sempre legato le lingue ai viaggi, perciò mi piace tanto viaggiare all’estero. Le lingue straniere le ho sempre guardate con una grande ammirazione, sono sempre state un codice segreto da interpretare. E anche il viaggio lo è, no? La cultura diversa, la lingua ovviamente, i segni e anche i comportamenti delle persone sono diversi. Cioè per me viaggiare significa anche mettermi in discussione e reinventarmi, forse è anche per questo che prediligo i viaggi più lunghi, perché mi ci vuole il mio tempo per entrare in contatto con un posto nuovo, trovare i miei spazi e i miei posti in una città, scoprire cosa mi piace e cosa no, sentirmi un po’ local insomma. Non mi piace quando di un posto riesco a vedere solo quello che è consigliato vedere, a me piace di più scovare quello che è sconsigliato vedere.
Certo, adoro vedere cose belle, ma trovo riduttivo vivere un posto solo in base alle cose belle definite tali da qualcuno. Ognuno sceglie le proprie, no?
Immagino che tu abbia visitato e vissuto molte città. Se dovessi sceglierne 3, con quali ti identificheresti di più e perché?
Dipende cosa intendi per “vivere”.
Vengo da un paesino in provincia di Napoli e sono ovviamente cresciuta lì.
Ho vissuto poi – e per vivere intendo che ci ho passato almeno due, tre mesi consecutivi, avendo una casa – a Berlino, Napoli, Milano e Genova.
Attualmente mi sono trasferita di nuovo a Napoli, che è la mia città, ma non so quanto resterò qui. Amo e odio questa città, come nelle storie d’amore più tormentate.
Le mie tre città del cuore sono, in ordine arbitrario:
Napoli, la mia Lesbia. Questa città mi attrae incredibilmente quando le sono lontana e mi respinge, a volte, quando ci torno. Siamo in un conflitto che, forse prima o poi risolveremo.
Berlino, la città che ha dato una forma alla mia persona. Mi ci sono trasferita, per la prima volta, quando avevo 20 anni per l’Erasmus e poi ci sono tornata diverse volte, sia a viverci, sia per progetti europei brevi, sia per guidarci dei tour. Ma la prima volta mi ha sconvolto l’esistenza: non avevo mai vissuto fuori e venivo da un paesino di provincia. Devo ringraziare Berlino, mi ha insegnato molte cose.
Genova, ci ho vissuto l’anno scorso dove ho lavorato come insegnante. Non pensavo di potermi innamorare di una “piccola” città (il mio paragone di misura delle città è Berlino, quindi Genova, ai miei occhi, appena arrivata, era piccolissima). Non è stato amore a prima vista, all’inizio non la capivo molto e ci ho messo un po’ per farci pace. Poi l’ho adorata e ogni volta che ci torno mi si stringe il cuore a vedere tutte le strade che facevo tutti i giorni e pensare che non fanno più parte della mia quotidianità. Ma fa parte della vita e della vita che mi sono scelta, quindi va bene così.
Al momento lavori come tour leader: cosa ti appassiona di più di questo lavoro e come hai capito che era il lavoro per te?
Sì, sono un’accompagnatrice turistica.
Non so come ho capito che era il lavoro per me. Penso di essermi lasciata affascinare all’inizio, dall’idea di stare sempre in giro ed essermi innamorata, poi, dal vedere le espressioni della gente quando in un viaggio trovano quello che stavano cercando.
Ovviamente ogni viaggio è diverso: lavoro sia con tour giornalieri che con viaggi di più giorni e con eventi aziendali. Ogni viaggio è a sé e ogni persona decide di fare un viaggio per motivi diversi.
Quello che mi piace un sacco di questo lavoro è cercare di aiutare le persone a trovare un senso in un viaggio, proprio, personale, trasmettendo il mio punto di vista ovviamente, che è difficile svincolarsi da sé stessi.
Quali sono invece le sfide del tuo ruolo che stai imparando ad affrontare? ( in breve: il lato negativo del lavoro)
The dark side of leading tours ahaha. Guarda è un lavoro pieno di sfide.
Dico sempre che ogni gruppo è un gruppo e ogni persona è un universo.
Forse la prima sfida è proprio creare il giusto feeling con il gruppo. Con i giornalieri dipende molto dalla giornata, con i tour settimanali invece, avendo più tempo a disposizione è più probabile che si crei ma è emotivamente più impegnativo, dato che si costruiscono, a volte, veri e propri rapporti umani.
L’attenzione deve essere sempre alta: si hanno molte responsabilità quando si gestisce un gruppo e bisogna essere molto attenti.
Nei miei primi viaggi mi sono capitate delle belle avventure: persone portate al pronto soccorso (per problemi pre-esistenti), persone che possono perdere documenti. Mantenere la calma è fondamentale.
Mi racconti il tuo percorso formativo fino a diventare tour leader? Se un/a ragazzo/a volesse intraprendere questa scelta, consiglieresti loro di fare le tue stesse scelte ?
Il mio è un percorso vario e non è necessario fare quello che ho fatto io per diventare tour leader. Ora ti racconto.
Da quando ho scoperto che esistevano ho sempre partecipato agli scambi giovanili finanziati dall’unione europea e ad un certo punto ho cominciato ad organizzarli.
Quando ancora ero all’università poi mi è capitato di fare qualche volta la group leader, cioè accompagnare i ragazzi nei viaggi studio all’estero.
Credo che queste due esperienze siano state fondamentali per me, perché quando ho cominciato con i tour certe cose che si imparano necessariamente sul campo io le facevo già spontaneamente.
Ho scoperto per caso, poi, che esisteva questa figura dell’accompagnatore turistico e che c’era bisogno di prendere un patentino per abilitarsi. Detto fatto.
Ecco: per diventare accompagnatore turistico bisogna prendere il patentino superando l’esame di abilitazione e provare ad imparare quante più cose possibili accompagnando poi effettivamente gruppi.
Come prendere il patentino per diventare accompagnatore turistico
Quali sono secondo te le caratteristiche che un/a ragazzo/a deve avere per svolgere questo lavoro?
Bisogna essere organizzati e precisi: fare la tour leader significa gestire documenti di viaggio, budget, richieste delle persone, lamentele, fare da tramite tra il tour operator, gli alberghi, i ristoranti e il gruppo. Sei la persona a cui fanno riferimento, quindi l’organizzazione e la precisione penso possano aiutare.
L’empatia e la voglia di chiacchierare non guasta. Creare una bella connessione con il gruppo è la parte migliore dei viaggi accompagnati e io ho ancora oggi il ricordo di alcuni viaggi per le persone che c’erano: se si crea un legame comincia ad esserci anche un senso di fiducia tra il gruppo e l’accompagnatore e per fare questo l’accompagnatore deve essere in ascolto.
Come nasce l’idea di aprire il blog wanderwave.it ? Che messaggio vorresti diffondere?
Il blog nasce dall’esigenza di diffondere online notizie che avrei voluto leggere io 15 anni fa.
Nella vita sono una rompiscatole (una di quelle simpatiche però) e quando scopro una cosa bella vorrei condividerla con le persone intorno a me.
Negli anni ho scoperto che le persone intorno a me non sono necessariamente interessate a quello a cui sono interessata io.
Online però ci sarà qualcuno che freme nello scoprire certe cose, come fremo io, no?
Ecco l’idea del blog.
Visita il blog di Santa Verde per scoprire come viaggiare da locale: Wanderwave
Inizialmente si sono unite a me le mie amiche Claudia, con cui l’idea del blog è proprio nata perché condividiamo questa passione di girovagare e sperimentarsi e Giusy, con cui invece condivido la passione per la scrittura e per Napoli (nella misura in cui io l’amo).
Vorrei comunicare che un modo di viaggiare, diverso da quello convenzionale, esiste, dando la mia visione e fornendo gli strumenti che conosco io. Poi ce ne saranno sicuramente tanti altri che ancora non conosco.
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Mi ricordo che hai partecipato ad esperienze Erasmus+ , ti andrebbe di condividere alcuni ricordi e di dirmi quanto secondo te è importante il programma Erasmus+?
Sì, di progetti europei ne ho fatti tanti e di diverso tipo e durata.
Possono essere importanti tutti, a seconda di come si incastrano nella vita della persona che lo fa.
Personalmente, come dicevo all’inizio, quello che mi ha cambiato il modo di vedere le cose è stato l’Erasmus, quello che si fa all’università.
Perché era lungo abbastanza da rendermi local, perché ho adorato studiare all’estero con un metodo completamente diverso da quello italiano, perché il caso mi ha dato la fortuna di essere accompagnata da persone che lo hanno reso sia divertente, sia costruttivo, perché non so come è successo che sia stata presa proprio a Berlino, una città, in teoria, ambitissima (questa cosa ancora non me la spiego dopo 12 anni).
Ma secondo me questa è proprio una considerazione che varia da persona a persona, quindi dipende.
L’importanza del programma Erasmus + secondo me sta proprio nel costruire un ponte, sia economico, sia culturale, tra realtà diverse tra loro e farle comunicare. Opportunità che per alcuni non esisterebbe proprio altrimenti.
Un ringraziamento enorme a Santa Verde per aver condiviso la sua esperienza con noi